COMPLICANZE OSTETRICHE E MORTE FETALE
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
La morte fetale avviene dopo la 25esima settimana gestazionale quando la gravidanza è già avanzata e il feto è già formato; prima di tale epoca si parla invece di aborto spontaneo.
In una gravidanza ad alto rischio vi è un rischio maggiore di esiti avversi per il feto ma anche per la madre rispetto ad una gravidanza a basso rischio. Una gravidanza può essere definita ad alto rischio quando sono presenti dei processi patologici insorti durante la gravidanza stessa (preeclampsia, colestasi gravidica, diabete gestazionale), quando la madre presenta delle patologie preesistenti la gravidanza (cardiopatie, ipertensione, disturbi della coagulazione, ecc) e quando il feto presenta delle patologie (ritardo di crescita, malformazioni, macrosomia, malattie congenite, ecc). Il rischio di morte fetale, per una gravidanza ad alto rischio sussiste sia durante la gravidanza che durante il travaglio e il parto, periodo durante il quale il feto si ritrova sotto lo stress delle contrazioni uterine.
Durante le contrazioni, infatti, le pareti dell’utero si ispessiscono esercitando una compressione sui vasi sanguigni responsabili del trasporto di sangue ricco di ossigeno al feto; di conseguenza il feto risulta essere poco ossigenato e va incontro a sofferenza in particolare se le contrazioni sono intense e tra una contrazione e l’altra non vi sono delle pause o se quest’ultime sono brevi. Tale condizione non permette al feto di rifornirsi di ossigeno. Gli esiti avversi per il feto sono quindi correlati alla riduzione della sua ossigenazione
La responsabilità dei professionisti
Non è da escludere il fatto che la morte fetale possa anche verificarsi in seguito ad una gravidanza insorta e decorsa fisiologicamente e quindi considerata a basso rischio. Possono infatti verificarsi delle complicanze ostetriche durante la gravidanza fisiologica e il travaglio di parto che mettono in pericolo la salute del nascituro; ciò può essere conseguente a degli errori commissivi ed omissivi del ginecologo e dell’ostetrica e di un comportamento negligente. La mancata prescrizione di esami per la conferma di una diagnosi dubbia non permette di accertare la presenza di processi patologici per i quali è necessaria l’assunzione di una terapia o la messa in atto di determinati accorgimenti al fine di evitare la compromissione dello stato di salute del feto.
Per quanto riguarda le gravidanze ad alto rischio necessita di controlli più frequenti e intensivi in modo da individuare precocemente un eventuale peggioramento delle condizioni cliniche per le quali è previsto un intervento immediato. Devono essere individuate le situazioni che si discostano dalla fisiologia e le patologie devono essere adeguatamente trattate. La gravidanza oltre che dal ginecologo e dall’ostetrica può necessitare anche di essere seguita anche da altri professionisti (cardiologo, diabetologo, infettivologo, chirurgo, ematologo, nefrologo ecc…) in base al tipo di patologia; è compito dell’ostetrica e del ginecologo richiedere la loro consulenza nel caso in cui si ha il sospetto o la conferma di patologie al fine di prevenire le loro complicanze.
Le cause di morte fetale correlate a complicanze ostetriche
Le cause di morte fetale correlate a complicanze ostetriche sono:
- ritardo di crescita intrauterina (IUGR);
- prolasso di funicolo;
- distacco di placenta;
- colestasi gravidica;
- anemia fetale;
- corionamnionite (infezione delle membrane amniocoriali).
Il ritardo di crescita intrauterina (IUGR)
Il ritardo di crescita intrauterina è la causa più frequente di morte fetale soprattutto se si ha un peggioramento del quadro clinico. Il ritardo di crescita si verifica quando si ha un mancato raggiungimento del potenziale di crescita del feto il cui peso risulta essere minore del 10 % considerando delle curve di riferimento. Il ritardo di crescita intrauterina è conseguente ad uno stato di insufficienza placentare alla quale il feto mostra dei segni di adattamento che vanno via via compromettendo il suo benessere. A causa dell’insufficienza placentare, organo di scambio materno fetale, al feto non arrivano i nutrienti necessari per la sua crescita così come non viene nemmeno rifornito di un adeguato apporto di ossigeno.
Per far fronte a questa situazione feto mette in atto un fenomeno di compenso noto come “brain sparing” che consiste nel centralizzare il circolo sanguigno allo scopo di preservare gli organi nobili quali cuore, cervello e polmoni a discapito degli organi periferici. In altre parole, il flusso di sangue ossigenato viene diretto principalmente verso questi organi nobili e in misura molto minore verso quelli periferici, come ad esempio i reni. I reni, quindi, non ricevendo un adeguato apporto di sangue ossigenato non funzionano correttamente, di conseguenza si ha una ridotta produzione di urina e quindi sarà anche ridotto il quantitativo di liquido amniotico. Molto spesso, proprio per questo motivo, il feto con ritardo di crescita presenta anche una riduzione patologica del liquido amniotico (quantitativo minore di 500 ml), condizione nota come oligoidramnios che aumenta ulteriormente il rischio di morte fetale.
Il ritardo di crescita intrauterina può presentarsi sin dall’inizio della gravidanza e in questo caso si parla di ritardo di crescita simmetrico e il feto è uniformemente piccolo (circonferenza cranica e peso minori del 10 %). Si parla invece di ritardo di crescita asimmetrico quando il ritardo di crescita insorge a partire dalla 16esima settimana gestazionale e in questo caso la circonferenza cranica sarà maggiore del 10 % mentre il peso minore del 10%.
La diagnosi di ritardo di crescita intrauterina (IUGR)
La diagnosi di ritardo di crescita intrauterina può essere fatta tramite l’ecografia grazie alla quale si riscontra un peso fetale ridotto rispetto all’epoca gestazionale. Il peso viene calcolato da un’applicazione dell’ecografo dopo aver misurato la circonferenza cranica, il diametro biparietale, la circonferenza addominale e la lunghezza femorale. Per poter diagnosticare un ritardo di crescita, inoltre, devono anche essere riscontrati segni di adattamento fetale a questa condizione patologica; ciò è possibile farlo grazie allo studio del flusso sanguigno (flussimetria), sempre tramite ecografia, in corrispondenza di alcuni vasi quali arteria uterina, arteria cerebrale media, dotto venoso e arteria ombelicale. Il ginecologo che riscontra un peso fetale inferiore rispetto alla norma non deve trascurare l’esecuzione della flussimetria per confermare o escludere il sospetto di restrizione di crescita.
La gravidanza in cui feto presenta una restrizione di crescita è considerata ad alto rischio per morbilità e mortalità fetale perciò necessita di controlli più intensi e ravvicinati. Il ginecologo che fa diagnosi di restrizione di crescita deve perciò intensificare la frequenza dei controlli valutando di volta in volta il flusso sanguigno in corrispondenza dei vasi sanguigni; se la flussimetria risulta essere alterata si deve agire il prima possibile al fine di togliere il feto dall’ambienta intrauterino che ormai è diventato sfavorevole per il suo sviluppo. Se le condizioni del feto non vengono frequentemente monitorate può passare inosservata l’eventuale compromissione del quadro clinico che può portare alla morte in utero.
Il prolasso del funicolo
Il prolasso è una complicanza della gravidanza che si può verificare in seguito alla rottura delle membrane amniocoriali quando il cordone ombelicale si posiziona fra la testa del feto e la cervice uterina e viene compresso da queste due strutture. Il prolasso di funicolo è causa di morte fetale perché determina una riduzione dell’apporto di ossigeno dal distretto materno a quello fetale e il feto, non essendo abbastanza ossigenato va in contro a sofferenza che comporta la morte intrauterina. Il cordone ombelicale, infatti contiene tre vasi sanguigni: una vena e due arterie ombelicali. La vena ombelicale trasposta sangue ossigenato da madre a feto, viceversa le arterie trasportano sangue poco ossigenato dal feto alla madre per essere rifornito di ossigeno.
Il prolasso del cordone ombelicale può essere evitato dall’ostetrica la quale non deve provocare la rottura delle membrane (amniorexi) se la testa del feto è ancora alta, al di fuori della pelvi. La morte del feto invece può essere evitata quando, una volta diagnosticato il prolasso di funicolo, ci si prepara per l’esecuzione di un taglio cesareo in emergenza per l’estrazione del feto. L’ostetrica o il ginecologo che fanno diagnosi di prolasso di funicolo, la quale viene fatta tramite visita vaginale, devono cercare di spingere con le dita la testa del feto verso l’alto in modo da ridurre la pressione sul cordone ombelicale finché non è tutto pronto per iniziare l’intervento.
Il distacco di placenta
Il distacco di placenta è la prematura separazione della placenta dalla parete uterina che avviene prima dell’espulsione del feto. La placenta è l’organo che permette il nutrimento e l’apporto di sangue da madre al feto ed è proprio attraverso la placenta che il feto viene ossigenato. Quando la placenta inizia a staccarsi dalla sua sede di inserzione questi scambi vengono sempre meno tanto da determinare uno stato di sofferenza fetale più o meno grave, fino alla morte in utero, in base a quanta superficie placentare si stacca dalla parete uterina. Il distacco di placenta si manifesta con un sanguinamento proveniente dai genitali esterni, contrazioni uterine e compromissione del benessere fetale rilevabile tramite il tracciato cardiotocografico.
L’ostetrica e il ginecologo devono riconoscere i segni di distacco di placenta e in caso di diagnosi dubbia può essere eseguita un’ecografia per andare a valutare l’inserzione placentare, ma quasi sempre, in presenza di un’emorragia in corso di gravidanza non si deve esitare nell’eseguire il taglio cesareo in emergenza al fine di evitare esiti avversi sia per il feto che per la madre.
La colestasi gravidica
La colestasi gravidica è una complicazione della gravidanza che si manifesta in genere intorno al secondo e al terzo trimestre con prurito, aumento degli enzimi epatici (transaminasi) e aumento degli acidi biliari (condizione che provoca prurito che aumenta soprattutto durante la notte).
La colestasi gravidica deve essere sospettata quando la gravida riferisce prurito; in questo caso il ginecologo deve eseguire degli approfondimenti diagnostici al fine di escludere o confermare il dubbio di colestasi gravidica attraverso la prescrizione di esami di laboratorio che vanno a valutare in particolare gli enzimi epatici e gli acidi biliari. La gestione della colestasi gravidica consiste nell’induzione del travaglio di parto a termine di gravidanza poiché questa patologia si associa ad un elevato rischio di mortalità fetale per alterazione del sistema di conduzione cardiaca. In attesa del parto deve essere frequentemente monitorato il benessere fetale tramite l’esecuzione del tracciato cardiotocografico e se si manifestano segni di sofferenza fetale deve essere eseguito il taglio cesareo.
L’anemia fetale
L’anemia fetale è conseguenza dell’isoimmunizzazione che si verifica quando il gruppo sanguigno della madre è RH negativo e il gruppo sanguigno del feto è RH positivo.
Quando il sangue materno RH negativo entra in contatto con il sangue fetale Rh positivo produce degli anticorpi che vanno ad attaccare i globuli rossi del feto, distruggendoli, e provando di conseguenza un’anemia che è causa di mortalità fetale.
La produzione di anticorpi si realizza quando vi è una significativa commistione di sangue e dopo un certo lasso di tempo. È maggiormente a rischio di anemia un secondo figlio con gruppo sanguigno RH positivo di una madre RH negativa che ha precedentemente avuto un figlio RH positivo. Ad una madre Rh negativa il cui figlio è Rh positivo deve essere somministrata l’immunoprofilassi entro 72 ore dal parto per prevenire che si realizzi un isoimmunizzazione nei confronti di un futuro bambino. L’immunoprofilassi deve essere anche eseguita di routine alla 28esima settimana gestazionale a tutte le donne Rh negativa, quando si verificano sanguinamenti durante la gravidanza e in seguito a tecniche di diagnosi prenatale invasiva. Il ginecologo e l’ostetrica durante la raccolta dell’anamnesi non devono trascurare il gruppo sanguigno della madre e non devono omettere la somministrazione dell’immunoprofilassi la quale previene la morte fetale per anemia.
La corionamnionite (infezione delle membrane amniocoriali)
L’infezione delle membrane amniocoriali comporta un alto rischio di morte fetale. Quando viene fatta diagnosi di corionamniosite il ginecologo e l’ostetrica devono provvedere alla tempestiva esecuzione del taglio cesareo indipendentemente dall’epoca gestazionale perché è più rischioso per il feto rimanere all’interno dell’utero in presenza di quest’infezione che affrontare il rischio della prematurità.
I segni di corionamniosite sono:
- febbre materna;
- tachicardia materna;
- tachicardia fetale;
- sofferenza fetale.
I possibili errori medici
I possibili errori medici nella mancata o ritardata diagnosi di alcune malattie che causano la morte fetale:
- mancata esecuzione di accertamenti diagnostici per confermare o escludere una patologia;
- mancata prescrizione di esami necessari per il monitoraggio di una patologia;
- trattamento intempestivo in presenza di un grave stato di sofferenza fetale;
- mancata esecuzione di controlli frequenti nel caso in cui la gravidanza è complicata da una patologia materna o fetale allo scopo di poter rilevare in tempo i segni di sofferenza fetale;
- mancato monitoraggio del benessere fetale in presenza di ritardo di crescita intrauterina (IUGR);
- mancata esecuzione dell’induzione del travaglio di parto a termine di gravidanza nel caso in cui la gravidanza è complicata da colestasi gravida;
- mancata esecuzione dell’immunoprofilassi di routine a 28 settimane in gravide con gruppo sanguigno Rh negativo, in tutte quelle condizioni che prevedono un rischio di commistione di sangue tra madre e feto ed entro 72 ore dal parto se il gruppo sanguigno del feto è RH positivo;
- mancata esecuzione del taglio cesareo in emergenza dopo aver fatto diagnosi di corionamniosite;
- mancata diagnosi di prolasso di funicolo e ritardo nell’esecuzione del taglio cesareo;
- mancato riconoscimento dei segni del distacco di placenta e ritardo nell’espletamento del parto tramite taglio cesareo.