LA SINDROME DI DOWN
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
La sindrome di Down o trisomia 21 è la cromosomopatia più diffusa. La patologia è caratterizzata dalla presenza in più di una parte o anche di parte intera di un cromosoma sul Cromosoma 21 per tale motivo viene definita “trisomia 21”.
Abbreviata con DS (in inglese Down’s Syndrome), è la più comune anomalia cromosomica umana associata a particolari caratteristiche del viso e un ritardo nelle capacità cognitive e attitudini fisiche.
Il rischio di generare un bambino con sindrome di Down aumenta all’aumentare dell’età materna.
Attualmente non ci sono ancora prove circa la possibilità di ridurre tale rischio con specifici comportamenti o evitando fattori esterni.
Non essendoci cura a tale sindrome, è molto importante sin dai primi mesi di vita del bambino iniziare delle terapie adeguate alla sua formazione sia psichica che fisica, aumentando la possibilità di migliorare la vita del paziente.
Infatti, negli ultimi decenni è aumentata l’aspettativa di vita per le persone affette da Sindrome di Down arrivando ad oggi ad un’età di circa 60 anni.
Le cause della sindrome di Down
La causa principale della sindrome di Down è data dall’errore nella divisione cellulare durante lo sviluppo delle cellule riproduttive (gameti) che comporta, di conseguenza, un cromosoma in più sul Cromosoma 21 e quindi la Sindrome di Down.
Normalmente, l’uomo presenta 23 coppie di cromosomi, quindi 46 in totale, che sono ereditati in parte della madre e in parte dal padre.
L’errore nella divisione cellulare a carico o dell’ovulo materno o dello spermatozoo paterno comporta l’eccesso di un cromosoma per il cromosoma 21.
Quando i due gameti si uniscono sviluppano lo zigote che poi diventerà embrione; normalmente l’assetto cromosomico è 46, mentre nel caso della sindrome di Down è 47, provocando un grave errore che si manifesta nel 95% con la trisomia 21.
Nella maggioranza dei casi (90%), l’errore cromosomico è presente a livello dell’ovocita materno, mentre solo nel 4% è a carico dello spermatozoo paterno. La restante parte (6%) è dovuta ad un difetto che si verifica nelle divisioni successive alla fecondazione.
I fattori di rischio della sindrome di Down
I fattori ambientali o comportamentali non sono in grado di favorire l’insorgenza della sindrome. Sono considerati fattori di rischio:
- età materna avanzata, il cui rischio relativo aumenta in particolar modo dai 35 anni in poi, passando da 1 bimbo ogni 350, a 1 su 30 all’età di 45 anni;
- una donna che abbia già dato alla luce un bimbo affetto dalla sindrome di Down è associata a un aumento del rischio in caso di gravidanze successive;
- essere portatori della traslocazione genetica associata alla sindrome.
Segni e sintomi della sindrome di Down
I bambini affetti da sindrome di Down manifestano tipicamente alcuni tratti fisici che li definiscono:
- occhi inclinati verso l’alto;
- viso piatto e largo;
- orecchie piccole e leggermente piegate sulla sommità;
- bocca piccola, con la lingua che sembra più grande del normale;
- naso piccolo e camuso;
- collo corto ed eccesso di pelle alla base;
- mani e piedi piccoli;
- tono muscolare ridotto;
- testa, orecchie e bocca più piccole;
- macchie bianche su occhio e iride;
- mani corte;
- singola piega trasversale palmare;
- spazio eccessivo tra alluce e il secondo dito del piede;
- obesità;
- bassa statura, sia da piccoli sia da adulti.
La diagnosi della sindrome di Down in epoca prenatale
Grazie ai test di screening oggi presenti, è possibile fare diagnosi di sindrome di Down in epoche già precoci di gravidanza. Durante le prime visite con la coppia, il compito dell’operatore di riferimento è quello di spiegare con precisione quali sono i test in questione e a cosa servono. Tra i vari test vi è:
- la translucenza nucale o Screening del primo trimestre: eseguita tra l’11° e 13° settimana + 6 giorni di gestazione (CRL fetale: 45-84 mm). L’esame ecografico deve essere eseguito solo dopo aver informato correttamente la coppia e solo dopo che loro hanno firmato il consenso informato. Se la translucenza nucale non viene eseguita nell’epoca gestazionale idonea, si dovrà riportare questa informazione sul referto. Quest’ultima accortezza deve essere segnalata anche se la coppia decide di non eseguire tale esame.
L’esame consiste nella misurazione di una plica che si trova a livello della nuca fetale. Questo esame di solito è associato ad un prelievo di sangue definito “Duo-Test” che assieme all’esame ecografico viene utilizzato per la valutazione del rischio fetale. Quando la misurazione ecografica della plica è superiore ai 2,5 mm, la translucenza risulta essere alterata e c’è rischio che il feto sia affetto da sindrome di Down. In questi casi per una maggiore conferma si passa alla diagnosi prenatale invasiva data dall’esecuzione dell’amniocentesi.
- tri-test: è un test di screening che viene eseguito tra le 15 e 18 settimane di gestazione con lo scopo di fornire una stima probabilistica circa la possibilità della donna di aver concepito un bambino affetto da Sindrome di Down o altri difetti del tubo neurale.
Il tri-test ricerca nel sangue materno tre particelle:
- gonadotropina corionica (hCG);
- alfafetoproteina;
- estriolo non coniugato.
Con i risultati che si ottengono tramite questo esame associati a parametri quali età, fumo e peso materno, si calcola il rischio probabilistico. Il tri test presenta una sensibilità pari al 60%. Se i livelli sono troppo bassi o troppo alti sia degli ormoni che della proteina c’è un maggiore rischio di sindrome di Down, spina bifida o altri difetti del tubo neurale;
- test prenatale su sangue materno: test non invasivo eseguito con un prelievo di sangue materno. Grazie a diversi studi, è stato possibile scoprire che dalla 10° settimana di gestazione, nel sangue materno, c’è il DNA libero di origine fetale. Con questo test è possibile recuperarlo in maniera non invasiva con un semplice prelievo venoso materno. In particolare, lo studio è rivolto alla valutazione dei cromosomi 21 – 18 – 13, rispettivamente Sindrome di Down, sindrome di Edwards e sindrome di Patau. Il test presenta una sensibilità de 99% ma non deve essere utilizzato come test sostitutivo rispetto alla translucenza nucale con il duo test;
- diagnosi prenatale invasiva: villocentesi e amniocentesi eseguite rispettivamente tra la 10° e 12° settimana di gestazione e tra la 15° e 18° settimana di gestazione, devono essere attuate quando:
- età materna maggiore di 35 anni;
- genitore portatore di un riarrangiamento cromosomico;
- precedente figlio con malattia cromoscomica;
- studio del DNA fetale;
- test ecografico che mostra un rischio elevato di Sindrome di Down.
In generale, oggi questi due esami non vengono proposti come esami di primo scelta. Sono eseguiti solo nei casi prima citati e anche in caso di Duo Test alterato e per la ricerca di anticorpi infettivi o virali.
Il risarcimento per la mancata diagnosi della sindrome Down
La diagnosi della sindrome di Down è possibile farla attraverso le diverse modalità prima citate. Non sapere eseguire la translucenza nucale o sbagliare il risultato del test su sangue materno, è un errore medico di grande rilevanza. In questi casi si individua la negligenza appartenente agli operatori medici e sanitari coinvolti. Sbagliare questo tipo di diagnosi è molto grave per la coppia che deve trovare ad affrontare una situazione non semplice, sia da un punto di vista psicologico che economico. L’amore è sempre in primo piano, ma a questa coppia è stato violato il diritto sancito dalla legge 194/78 che permette di interrompere la gravidanza anche nel secondo trimestre se ci sono patologie a carico fetale, come nel caso della Sindrome di Down. I colpevoli saranno obbligati ad un risarcimento dei danni per la madre e il bambino dalla nascita e per il resto della sua vita.