INDICAZIONI ALLA DIAGNOSI PRENATALE INVASIVA
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
Alle donne con un aumentato rischio per patologia fetale deve essere proposto un test di diagnosi prenatale, al fine di identificare le situazioni in cui il bambino è affetto da una condizione anomala.
A tutte le donne in gravidanza deve essere offerto il test di screening per la ricerca di patologie fetali ed in particolare della sindrome di Down e dei difetti di chiusura del tubo neurale. Vengono indagate nel dettaglio queste due condizioni poiché sono le anomalie più frequentemente riscontrabili in gravidanza e che potrebbe condurre al desiderio di interrompere la gestazione. I test di screening si basano in genere su un parametro ecografico (la misurazione della translucenza nucale) e su esami ematochimici di laboratorio; quello che questi esami offrono non è una diagnosi della patologia, ma un calcolo del rischio, che il più delle volte è così basso da non necessitare di ulteriori indagini.
La diagnosi prenatale invece viene proposta alle donne con un rischio aumentato di patologia fetale; la diagnosi prenatale prevede spesso l’amniocentesi o il prelievo dei villi coriali e offre ai genitori la possibilità di sapere se il loro bambino è portatore di una anomalia cromosomica, genetica, infettiva o metabolica.
Il test di screening
Il test di screening è un esame della gravidanza che deve essere offerto a tutte le donne senza fattori di rischio particolari nel secondo trimestre di gravidanza.
L’obiettivo del test di screening non è quello di diagnosticare le patologie del feto, ma di calcolare il rischio che la singola gravidanza possiede di portare una condizione patologica. Nel caso il test di screening mostrasse un elevato rischio patologico, la donna deve essere invitata ad effettuare la diagnosi invasiva prenatale; si considera “a rischio” la gravidanza a cui il test di screening ha evidenziato una possibilità di patologia pari o superiore a 1/250. Inoltre, le patologie che il test di screening va a ricercare si limitano a quelle che più frequentemente colpiscono il feto (in particolare la sindrome di Down e i difetti di chiusura del tubo neurale).
Il test di screening prevede in genere l’esecuzione di un prelievo di sangue e di un’ecografia. Durante l’ecografia, che viene eseguita tra le 11 e le 13 settimane e sei giorni di gestazione, il medico va a misurare la translucenza nucale del bambino, ovvero lo spessore del tessuto sottocutaneo che si trova in corrispondenza del collo del bambino.
Questo parametro si è mostrato particolarmente accurato per identificare i casi a maggior rischio di presentare la trisomia 21 (Sindrome di Down) e la trisomia 18. Il parametro soglia per la misurazione dello spessore della translucenza nucale è posto a 2,5 millimetri: oltre questa soglia, è possibile che il feto mostri una condizione patologica.
Il prelievo di sangue invece viene analizzato in maniera differente a seconda del tipo di test scelto e dell’epoca gestazionale a cui viene effettuato, ma si basa sul dosaggio di alcuni marcatori fetali rilevabili nel sangue materno. Il risultato dell’esame del sangue, unito a quello dell’ecografia e al rischio determinato dall’età materna, vengono considerati in un solo calcolo per identificare il rischio finale.
Le indicazioni alla diagnosi prenatale
La diagnosi prenatale deve essere offerta alla donna in gravidanza in presenza di indicazioni specifiche, ovvero le condizioni che aumentano il rischio di incorrere in una patologia del feto. La diagnosi prenatale può esser utilizzata per riconoscere differenti condizioni patologiche, tra cui anomalie cromosomiche, patologie genetiche o infettive.
Tra le indicazioni per la ricerca di anomalie cromosomiche troviamo:
- un’aumentata probabilità di anomalie cromosomiche rilevata tramite un test di screening precedentemente effettuato; il risultato del test di screening è basato sui parametri ematochimici, sulla rilevazione ecografica e sull’età materna;
- un precedente figlio portatore di una patologia cromosomica;
- uno dei due genitori portatore di un riarrangiamento cromosomico bilanciato;
- un genitore affetto da un’aneuploidia cromosomica (alterazione del numero di cromosomi) anche se sotto forma di mosaicismo;
- un’anomalie morfologiche del feto rilevate all’osservazione ecografica.
L’esame per effettuare indagini genetiche viene in genere proposto nel caso in cui:
- uno dei due genitori sia portatore eterozigote di una patologia genetica o mutazione in forma dominante;
- entrambi i genitori siano portatori eterozigoti di una patologia genetica o mutazione in forma recessiva;
- la madre sia affetta da una mutazione mitocondriale;
- la madre presenti una mutazione eterozigote legata al cromosoma X in forma recessiva;
- durante il colloquio con il genetista siano stati rilevati rischi aumentati di rilevare una patologia genetica, correlata all’anamnesi famigliare dei genitori;
- durante l’esecuzione delle ecografie in gravidanza sia stata rilevata una o più anomalie strutturali che possono ricondurre a una patologia genetica specifica.
Altre condizioni specifiche come la famigliarità per patologie metaboliche o enzimatiche possono fornire le indicazioni all’esecuzione della diagnosi prenatale. Il sospetto di un’infezione intrauterina con segni di infezione fetale può essere confermato tramite la diagnosi prenatale.
Le tecniche di diagnosi prenatale
La diagnosi prenatale invasiva prevede:
- amniocentesi;
- villocentesi;
- cordocentesi.
Le differenze tra amniocentesi, villocentesi e cordocentesi
Nel caso dell’amniocentesi, l’esame viene eseguito tramite il prelievo di campione di liquido amniotico attraverso un ago per via addominale; l’ecografia offre una guida affinché il passaggio dell’ago non causi danni al bambino.
La villocentesi consiste nel prelievo dei villi coriali, ovvero di poco materiale placentare e anch’essa viene eseguita per via transaddominale o, più raramente, trancervicale ovvero per via vaginale attraverso la cervice uterina. Anche in questo caso la guida ecografica è essenziale.
L’amniocentesi e la villocentesi sono raramente associati ad aborto se vengono eseguite adottando le dovute precauzioni e rispetto le modalità previste dalle linee guida.
La cordocentesi (o funicolocentesi) è una procedura che consiste nel prelievo di pochi ml di sangue fetale direttamente dal funicolo ombelicale sotto stretta osservazione ecografica. Questa metodica è maggiormente correlata ad eventi avverso rispetto alle precedenti e va quindi limitata ai casi selezionati, in presenza di operatori con esperienza in questa tecnica.
Il test prenatale non invasivo (NIPT, ovvero Non Invasive Prenatal Testing) è una tecnica che è ancora sottoposta a studi, offerta solo da alcune cliniche private. Questo test non viene considerato a tutti gli effetti un test di diagnosi, ma piuttosto un test di screening con affidabilità molto elevata. Il NIPT viene eseguito tramite un prelievo di sangue materno: dal sangue prelevato è infatti possibile attenere alcuni campioni di DNA fetale, che può essere analizzato, ottenendo preziose informazioni sullo stato cromosomico e genetico del bambino. L’elevato costo associato al test prenatale non invasivo e l’incompletezza degli studi a riguardo non lo rende idoneo al momento per essere proposto dal Sistema Sanitario Nazionale.