MALFORMAZIONI E MALATTIE NEL FETO E NEL NEONATO
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
Le donne in gravidanza o che programmano una gravidanza devono essere informate sul rischio specifico di difetto congenito, sui metodi di prevenzione e sulle tecniche di screening e diagnosi prenatale.
L’insieme di tali procedure permette la valutazione di patologie fetali come patologia genetiche, infettive ad esempio:
- Citomegalovirus;
- Herpes simplex;
- Varicella Zooster;
- Rubeovirus;
- HIV;
- Toxoplasma gondii;
- Parvovirus;
- patologie ambientali o iatrogene;
- anomalie cromosomiche come la Sindrome di Down;
- Sindrome di Edwards;
- Sindrome di Patau;
- Sindrome di Turner
- Miopatia
- Carenza di G6pd
Grazie ad essa oggi è possibile riconoscere molte patologie, soprattutto nelle fasi iniziali della gravidanza e dello sviluppo fetale.
Circa il 3% delle gravidanze è caratterizzata da un difetto congenito, ovvero un’anomalia che si sviluppa in epoca intrauterina, durante la vita embrionale o fetale. Questi difetti possono riguardare un’alterazione dello sviluppo morfologico, quindi un’anomalie fisica che si evidenzia con la crescita del feto, oppure un difetto cromosomico o genetico, quindi un’alterazione già presente nelle cellule embrionali. Moltissimi difetti genetici non possono essere diagnosticati durante la gravidanza, ma sono stati sviluppati alcune tecniche per riconoscere i feti affetti da alcune delle anomalie patologiche più importanti.
Lo strumento più adatto ad indagare le anomalie morfologiche l’ecografia, in particolare l’ecografia del secondo trimestre di gravidanza, detta appunto “morfologica”. L’esecuzione di questo esame è consigliata tra le 19 e le 21 settimane di gestazione, perché a quest’epoca il feto ha raggiunto un grado di sviluppo e delle dimensioni ideali ad un’analisi più approfondita delle sue caratteristiche anatomiche. A fronte di un riscontro di anomalie ecografiche, è opportuna l’esecuzione di ecografie più approfondite.
Le anomalie genetiche e cromosomiche vanno invece indagate durante l’esecuzione del test di screening o della diagnosi prenatale.
Le anomalie cromosomiche sono tra le anomalie congenite più frequenti e possono essere di tipo numerico o strutturale. Le anomalie cromosomiche numeriche sono un’alterazione nel numero dei cromosomi, che si suddividono in coppie; in caso di alterazione le coppie cromosomiche possono diventare trisomie o monosomie.
In queste anomalie fanno parte:
- la celebre sindrome di Down (trisomia 21);
- la sindrome di Edwards (trisomia 13);
- la sindrome di Patau (trisomia 18);
- la sindrome di Turner (monosomia X).
Le anomalie cromosomiche strutturali sono invece caratterizzate da un cromosoma che in forma in modo inconsueto, talvolta con delle parti mancanti, talvolta con dei pezzi che si trasferiscono su altri cromosomi oppure con porzioni di cromosoma che si ripetono. Le anomalie cromosomiche si possono riscontrare tramite la diagnosi prenatale invasiva (amniocentesi o villocentesi).
Lo screening prenatale è un test che consente di individuare il rischio del feto di portare un’anomalia.; questo esame quindi non riconosce i feti affetti dalla patologia, ma solo le situazioni in cui vi è una maggiore possibilità che questa condizione si presenti. Se si evidenzia un rischio elevato per uno specifico difetto genetico è raccomandata l’esecuzione di un test di diagnosi.
Il test di diagnosi prenatale invece è un esame che identifica la condizione patologica, offrendo quindi ai futuri genitori una maggiore certezza riguardo allo stato di salute del figlio. Il test di diagnosi viene riservato in genere alle coppie che presentano fattori di rischio.
Attraverso la diagnosi prenatale è possibile identificare patologie come:
- sindrome di Down/ Edwards/ Patau, rispettivamente identificate come trisomia 21,18 e 13;
- anemia mediterranea e falciforme;
- spina bifida;
- anancefalia;
- olopronsecefalia;
- sindrome X fragile;
- la fibrosi cistica con il dosaggio della tripsina.
I difetti congeniti è possibile distinguerli in quattro grandi categorie:
- problemi sensoriali;
- disturbi metabolici;
- sistema nervoso;
- malattie degenerative.
Le convulsioni neonatali sono un sintomo frequente di deficit neurologici nel neonato; esse sono più frequenti in un neonato prematuro e/o con patologie neurologiche. La prematurità unitamente ad altri fattori può facilitare l’insorgenza di enterocolite necrotizzante.
L’analisi del sangue cordonale offre preziose informazioni sulle condizioni cliniche del bambino e consente l’identificazione della terapia più adeguata e la individuazione di malattie emolitiche.
I problemi sensoriali
Si verificano in caso di alterazione dello sviluppo o del funzionamento degli organi di senso.
La sindrome di Williams, malattia genetica rara, è uno degli esempi tipici di tale manifestazione. È caratterizzata da disturbi dello sviluppo associati a dismorfismi facciali, ritardo psicomotorio e cardiopatia data da una stenosi sopra valvolare dell’aorta. Il viso di questi bambini è caratterizzato da: setto nasale appiattito e punta del naso globosa, bocca ampia e labbro inferiore anteverso, prominenti guance, edema della regione periorbitale e iride definita a “stella”. Con l’aumentare dell’età il viso assumerà caratteristiche particolari con un restringimento. In più vi è un deficit visuo-spaziale che modifica le capacità di linguaggio del bambino. Da un punto di vista comportamentale, i bambini affetti da sindrome di Williams sono definiti “ipersociali” per la loro buona capacità di interagire con le altre persone.
L’infezione da Rosolia congenita comporta danni sensoriali come la cecità e sordità congenita che insieme alla cardiopatia formano la “triade di Gregg”;
I disturbi metabolici
Derivano geneticamente da un’alterazione della proteina-enzima. Il difetto parziale o congenito che sia, può essere causa di condizioni patologiche non ancora del tutto note.
Tra queste patologie metaboliche rientrano:
- la fenilchetoanuria;
- la galattosiemia.
La fenilchetoanuria è la riduzione del metabolismo della fenilalanina il cui accumulo comporta un incompleto sviluppo del sistema nervoso causa di ritardo mentale e/o dell’accrescimento ed in casi gravi anche morte neonatale.
Mentre la galattosiemia è causata dal malfunzionamento dell’enzima responsabile della metabolizzazione del galattosio;
Il sistema nervoso
A causa degli insulti a carico del sistema nervoso centrale e del cervello si presentano disturbi di svariata entità.
La sindrome di Prander-Willi è una delle patologie tipiche di tali insulti. È una malattia genetica rara caratterizzata da anomalie a carico dell’ipotalamo associate a ipotonia grave nel periodo neonatale e nei primi anni di vita e iperfagia che, nella maggior parte dei casi, esita in obesità patologica infantile e nell’età adulta con difficoltà di apprendimento, disturbi comportamentali e psichiatrici gravi.
Oltre la sindrome di Prander Willi, anche la sindrome di Down o Trisomia 21 si colloca in tale classificazione per la sintomatologia a carico del sistema nervoso centrale con ritardo mentale e alterazioni fisiche.
Le malattie degenerative
La morte cellulare cronica dei neuroni è la caratteristica principale delle malattie degenerative, ricoprendone una vasta area. La malattia cambia a secondo del tipo di insulto e può comportare demenza, deficit cognitivi, disturbi comportamentali e psicologici ed alterazioni motorie.
La distrofia muscolare fa parte di questo gruppo di malattie. È una patologia genetica, spesso ereditaria, caratterizzata da indebolimento muscolare e riduzione delle capacità motorie.
Anche la sindrome di Rett, invece, è una malattia contraddistinta da gravi ritardi nell’acquisizione del linguaggio, del movimento ed è associata ad un grave ritardo mentale.
I difetti di chiusura del tubo neurale
I difetti di chiusura del tubo neurale sono gravi patologie congenite che si verificano quando vi è un’anomalia nello sviluppo del tubo neurale, ovvero la struttura che precorre la formazione del cervello e del midollo spinale. Tra questi difetti vi è l’anecefalia, ovvero la totale assenza di struttura cerebrale o la spina bifida, ovvero la mancanza di una porzione vertebrale a ricoprire il midollo spinale, lasciando quest’ultimo scoperto. I difetti di chiusura del tubo neurale sono spesso incompatibili con la vita o correlati a gravi disabilità; l’assunzione di acido folico preconcezionale e durante tutto il primo trimestre di gravidanza può prevenire l’insorgenza di difetti di chiusura del tubo neurale.
I difetti cardiaci
I difetti cardiaci sono un’anomalie di entità estremamente variabile; alcuni sono incompatibili con la vita extrauterina, altri possono essere corretti chirurgicamente, altri ancora influiscono in modo minimo sulla vita del bambino.
I difetti cardiaci possono riguardare la parete del cuore, le valvole o i vasi sanguigni circostanti. La diagnosi viene effettuata medianti un’analisi ecografica, in genere con l’ecografia del secondo trimestre.
La palatoschisi e la labioschisi
La palatoschisi e la labioschisi sono delle anomalie dello sviluppo del primo tratto del sistema digerente. Nel primo caso il palato non si forma completamente e porta una fessura di dimensione variabile che mette in comunicazione la bocca e il naso; nel secondo caso invece sono le labbra che non si sono perfettamente fuse, determinando una fessura tra il labbro superiore e l’ingresso delle narici che può estendersi anche alla gengiva.
La palatoschisi e la labioschisi determinano difficoltà all’alimentazione, all’articolazione del linguaggio e alterazioni estetiche; nella maggior parte dei casi il trattamento chirurgico è risolutivo.
I fattori di rischio per difetti congeniti
La rilevazione dei fattori di rischio attraverso un’attenta analisi dell’anamnesi personale e famigliare è un compito essenziale del professionista che assiste alla gravidanza. I fattori di rischio per le anomalie congenite possono essere legati a fattori genetici e cromosomici, quindi dovuti ad una predisposizione famigliare inevitabile, oppure a fattori di tipo esterno, legati all’ambiente o allo stile di vita.
Le coppie con fattori di rischio specifici devono essere individuate precocemente in gravidanza per essere indirizzate a test di diagnosi più approfonditi. Tra i fattori di rischio principali per anomalie congenite vi è:
- età materna superiore a 35 anni;
- uno o entrambi i genitori portatori di un riarrangiamento cromosomico strutturale o aneuploidie dei cromosomi sessuali;
- precedente figlio con patologia congenita;
- assunzione di farmaci teratogeni, abitudine al fumo, alcol e/o sostanze stupefacenti, fattori ambientali di rischio, stile di vita.
La prevenzione
In molti casi, come già detto precedentemente, le anomalie congenite si verificano a causa di un’alterazione genetica o cromosomica. In altri casi la responsabilità di tali anomalie può essere ricondotta a fattori esterni alla gravidanza, che possono riguardare l’ambiente in cui vive la madre o lo stile di vita che conduce.
È importante che nel momento che una donna pianifica una gravidanza o alla prima visita, il professionista sanitario identifichi i fattori di rischio che possono incrementare la possibilità di anomalie congenite e offra consigli su come correggere le proprie abitudini quotidiane. L’analisi dei fattori di rischio deve riguardare sia la madre che il padre, poiché entrambi possono essere coinvolti nello sviluppo di un difetto congenito del bambino.
Il professionista sanitario deve informare la coppia che l’abitudine al fumo incrementa il rischio di anomalie congenite e consigliare sia alla donna che al partner di sospendere il consumo di sigarette; nel caso in cui la futura madre o il futuro padre non riescano ad interrompere completamente l’abitudine al fumo, va suggerita comunque una riduzione nel consumo quotidiano di tabacco e vanno proposti, se disponibili sul territorio, l’incontro con professionisti esperti per eliminare questo vizio.
Il peso corporeo è un altro importante fattore da considerare. Le donne sottopeso, in sovrappeso o obese hanno fattori di rischio maggiore di in gravidanza, molti dei quali riconducibili ad anomalie congenite del bambino. Alla donna che pianifica una gravidanza devono essere suggerite strategie mirate volte al raggiungimento del normopeso prima di iniziare una gravidanza. Inoltre, il professionista sanitario che ha in carico la gravidanza deve informare la donna sull’importanza di tenere sotto controllo il peso corporeo durante la gestazione, offrendo suggerimenti sull’alimentazione e sull’esercizio fisico.
Anche l’ambiente di lavoro va indagato attentamente; se la donna si trova esposta a rischio fisico, chimico o biologico sul luogo di lavoro, deve essere informata sulle normative che tutelano la gravidanza e che riconoscono alla donna il diritto al ricollocamento o all’estensione anticipata dal lavoro se sono presenti rischi per il proseguimento della gestazione.
L’astensione dal consumo di alcolici deve essere suggerita a tutte le donne, poiché il consumo di alcol in gravidanza è associato a malformazioni congenite a carico del nascituro.
Inoltre, il medico/ostetrico che assiste alla gravidanza deve:
- raccomandare alla donna l’assunzione di 0,4 mg di acido folico al giorno, dall’inizio della gravidanza per tutto il primo trimestre, meglio se iniziato un mese prima del concepimento. L’integrazione di acido folico riduce il rischio di difetti di chiusura del tubo neurale e quindi l’incidenza di patologie come anecefalia o spina bifida. Se la donna possiede specifici fattori di rischio per difetti di chiusura del tubo neurale (un precedente figlio effetto da difetti di chiusura del tubo neurale, problemi di malassorbimento, celiachia, assunzione di farmaci antiepilettici, diabete pregestazionale o obesità) è raccomandata una dose di 4-5 mg al giorno;
- verificare la copertura vaccinale della donna, in particolare per quanto riguarda la rosolia, che se contratta in gravidanza può essere causa di malformazioni congenite; l’esecuzione di esami del sangue sierologici per cercare la presenza di anticorpi specifici per la rosolia e determinare se è già stata contratta la malattia in passato. Va ricercata la presenza di anticorpi anche della toxoplasmosi, un’altra infezione che se contratta in gravidanza può provocare difetti congeniti del nascituro;
- analizzare l’eventuale assunzione di farmaci della donna e riconoscere le terapie farmacologiche che possono essere associate a patologie congenite dello sviluppo, per valutare la necessità di proseguire la terapia o modificarla;
- ricercare la presenza di patologie nell’anamnesi personale o familiare della donna, per offrire una consulenza con professionisti esperti se necessario;
- ricercare la presenza di anomalie genetiche o cromosomiche nella storia familiare per organizzare una consulenza con un genetista nei casi opportuni.
Se si dovesse diagnosticare un difetto congenito, fortunatamente non tutti sono inoperabili. Per questo motivo molti bambini alla nascita possono essere sottoposti all’intervento correttivo.
I test di screening
I test di screening devono essere proposti a tutte le donne in gravidanza prive di fattori di rischio;
l’obiettivo del test di screening non è quello di individuare la presenza di una patologia, ma riconoscere le gravidanze con maggiore rischio per un’anomalia congenita. Vi sono molteplici test di screening che si basano su un dosaggio di marcatori biologici (alfa-fetoproteina, estriolo libero, gonadotropina corionica, proteina plasmatica A) e/o un’osservazione ecografica, la translucenza nucale.
Attualmente la coppia, durante la gravidanza, ha la possibilità di poter scegliere quale test faccia al loro caso, dopo un ampio e specifico counselling con il medico.
La coppia può scegliere gli esami di genetica da eseguire per uno o entrambi i partner. Dopo un’accurata anamnesi personale e familiare, l’operatore può proporre alla coppia di eseguire i test della genetica per valutare si uno o entrambi i futuri genitori siano affetti da qualche patologia a loro ancora sconosciuta. È l’esame che viene offerto di routine alle coppie che si apprestano ad eseguire una tecnica di fecondazione assistita o per una donna con un’anamnesi positiva per poliabortività (più di 3 aborti consecutivi).
Gli esami da svolgere sono:
- fibrosi cistica;
- talassemia;
- anemia falciforme;
La translucenza nucale o screening del primo trimestre: viene eseguita tra l’11° e 13° settimana + 6 giorni di gestazione (CRL fetale: 45-84 mm). Dopo aver informato correttamente la paziente e dopo che lei abbia firmato il consenso, è possibile eseguire il test di screening. Se la transulucenza nucale non viene valutata nell’epoca in cui si deve eseguire l’esame, è necessario che la paziente sia informata e che sia riportato sul referto associato all’ecografia. È inoltre obbligatorio annotare sul referto, anche il caso in cui la paziente non ha voluto eseguire tale test di screening. L’esame consiste nella misurazione di una plica che si trova a livello della nuca fetale. Questo esame di solito è associato ad un prelievo di sangue definito “Duo- Test” che assieme all’esame ecografico viene utilizzato per la valutazione del rischio fetale. Quando la misurazione ecografica della plica è superiore ai 2,5 mm, la translucenza risulta essere alterata e c’è rischio che il feto sia affetto da sindrome di Down;
Tra i test di screening diffusi in Italia vi è:
- triplo test: offerto tra la 15° e 18° settimana di gestazione, ha come scopo quello di valutare la probabilità di una donna ha di avere un figlio affetto da anomalie cromosomiche come trisomia 21, 13 o 18 o anche difetti del tubo neurale. Il tri- test si basa sul dosaggio di tre sostanze presenti nel sangue materno:
- alfafetoproteina (AFP)
- estriolo non coniugato (UE3)
- gonadotropina corionica (hCG).
I risultati degli esami ematochimici associati a parametri come il peso materno ed il fumo, e si confrontano con i valori di riferimento per calcolare la probabilità che il feto sia affetto da una patologia cromosomica. Per la sindrome di Down vi è una sensibilità del 60%; tale rischio di presenta quando i livelli sia della proteina che degli ormoni sono molto alti o molto bassi;
- test combinato: prevede la misurazione della translucenza nucale a 11-13 settimane e il dosaggio della proteina plasmatica A e la gonadotropina corionica libera;
- test integrato: prevede la misurazione della translucenza nucale a 11-13 settimane, un primo prelievo di dosaggio della proteina plasmatica A e un secondo prelievo di alfa-fetoproteina, estriolo libero e gonadotropina corionica a 15-18 settimane.
Il rispetto dei corretti tempi di esecuzione dei test è essenziale per la corretta riuscita del test. Il test di screening va ad indagare il rischio per le anomalie congenite più diffuse, quali:
- la trisomia 21 (Sindrome di Down);
- la trisomia 18 (Sindrome di Edwards);
- la trisomia 13 (Sindrome di Patau);
Inoltre, i test che prevedono anche il dosaggio dell’alfa-fetoproteina consentono di riconoscere il rischio di difetti di chiusura del tubo neurale. L’esito del test di screening si esprime con una frazione e il professionista sanitario deve assicurarsi che la coppia abbia compreso il significato di rischio e l’esito specifico. Ad esempio, si considera un rischio “alto” per anomalie congenite in caso di un esito pari o superiore a 1/250: questo valore indica che su 250 gravidanze con quello stesso valore, un feto sarà affetto dalla patologia. In caso di esito pari o superiore a 1/250 deve essere proposta alla coppia un test di diagnosi, per identificare la reale presenza o meno della condizione patologica. Va comunque informata la coppia delle limitazioni che il test implica.
I test di diagnosi
I test di diagnosi prenatale invasiva al contrario dei test di screening non esprimono un rischio, ma riconoscono propriamente la presenza di una patologia o meno. Questi esami prevedono il prelievo di un campione di DNA fetale che viene analizzato. Il prelievo di questo campione è invasivo ed è correlato ad un rischio minimo di interruzione spontanea della gravidanza.
I test di diagnosi prenatale più diffusi sono:
- la villocentesi;
- l’amniocentesi.
Si eseguono rispettivamente tra la 10° e 12° settimana e tra la 15° e 18° settimana di gestazione.
Si deve eseguire, una delle due tecniche quando:
- l’età materna maggiore di 35 anni;
- un genitore portatore di un riarrangiamento cromosomico;
- vi è un precedente figlio con malattia cromoscomica;
- per lo studio del DNA fetale;
- se il test ecografico che mostra un rischio elevato di Sindrome di Down.
La villocentesi o l’amniocentesi sono eseguite solo nei casi prima citati e anche in caso di Duo Test alterato e per la ricerca di anticorpi infettivi o virali.
L’amniocentesi
L’amniocentesi è un esame in cui viene prelevato un campione di liquido amniotico attraverso un ago per via addominale. La procedura viene effettuata sotto guida ecografica, per evitare di causare problemi al feto durante la procedura. È essenziale che le norme di sterilità vengano seguite, per proteggere la gravidanza da un’eventuale infezione. L’amniocentesi si può effettuare dalle 15 settimane di gravidanza; in rari casi può essere effettuata un’amniocentesi “precocissima” già dalle 10 settimane di gestazione, ma con maggiori rischi per il feto e maggiore possibilità di fallimento.
La villocentesi
La villocentesi consiste nel prelievo dei villi coriali, ovvero materiale placentare tramite un ago inserito per via addominale o eventualmente transcervicale. Anche in questo caso la procedura deve essere effettuata tramite guida ecografica, con materiali sterili e rispettando la sterilità durante tutta l’operazione. La villocentesi si può effettuare dalle 10 settimane di epoca gestazionale, mentre la villocentesi per via transcervicale non dovrebbe essere effettuata dopo le 13 settimane.
Il rischio di aborto a seguito di una di queste procedure è di circa l’1%, se si rispettano le indicazioni e le norme della procedura.
Gli errori medici
I test di diagnosi prenatale, sia invasivi (villocentesi e amniocentesi) che non invasivi (translucenza nucale e morfologica), devono essere eseguiti da medici esperti. Basandosi sulle linee guida e sulle buone pratiche mediche, si deve non essere negligenti e affidare la gravida per questi esami ad un collega di marcata esperienza. La negligenza non paga, anzi crea solo problemi.
Diagnosticata la malformazione dopo valutazione ecografica e conferma dalla diagnosi prenatale invasiva, la coppia può decidere di interrompere o portare avanti la gravidanza.
Interrompere la gravidanza è un diritto per la coppia che viene violato se il medico non è stato in grado di rilevare la malformazione a carico fetale entro i limiti della legge 194/78.
I possibili errori medici sono:
- mancata informazione da parte del medico/ostetrico sulle appropriate correzioni allo stile di vita se la donna sta programmando una gravidanza;
- mancata informazione sui fattori di rischio per anomalie congenite in gravidanza;
- mancata informazione sul corretto stile di vita da seguire in gravidanza;
- mancata informazione sui fattori di prevenzione per le anomalie congenite in gravidanza;
- non prescrizione da parte del medico/ostetrico dell’integrazione di acido folico durante il primo trimestre di gestazione;
- non prescrizione di integrazione di acido folico preconcezionale per le donne che programmano una gravidanza;
- mancata informazione sui test di screening e diagnosi disponibili e sui vantaggi e svantaggi attesi in relazione ai fattori di rischio specifici della coppia;
- errata informazione sulle epoche gestazionali in cui è opportuno eseguire il test di screening o il test di diagnosi prenatale;
- incompleta informazione sui limiti e possibili errori del test di screening e di diagnosi prenatale;
- mancata informazione sui rischi correlati alla diagnosi prenatale invasiva;
- errata esecuzione o errata interpretazione dei test di screening o diagnosi prenatale.
I danni
I possibili danni sono:
- malformazione congenita non diagnosticata;
- anomalia genetica non diagnosticata;
- interruzione della gravidanza a seguito di diagnosi prenatale invasiva;
- anomalie congenite causate da una mancata correzione dello stile di vita o della terapia farmacologica assunta in gravidanza.
Il risarcimento la coppia lo può richiedere asserendo che la negligenza del medico li ha ostacolati circa la scoperta dell’aumento del rischio di patologie genetiche o malformative del figlio.
Si ipotizza inoltre che i genitori avrebbero probabilmente interrotto la gravidanza, se fossero stati informati con correttezza e precisione circa il rischio del feto. Ciò non significa che la coppia non provi amore e rispetto verso il proprio bambino. I genitori ammetto con chiarezza e sincerità che se fossero stati a conoscenza della situazione in cui si trovava loro figlio, avrebbero scelto di non patire danni sia psicologici che economici procurati dall’assistenza necessaria per il bambino soprattutto in caso di grave disabilità.
Quindi questa nascita viene definita indesiderata, ed in quanto tale la famiglia dovrà essere risarcita per il danno emotivo e verrà sostenuta economicamente per le spese mediche e l’assistenza specifica del figlio, dalla nascita e per tutta la vita.